La fortezza e le sue parti. La magnanimità, la magnificenza, la pazienza, la longanimità, la costanza e la perseveranza. Loro vizi opposti. L'importanza della fortezza nel vincere la passione più difficile da gestire, ossia la paura. Ciclo di catechesi "Vizi e virtù", trentaseiesima puntata, 13 Luglio 2022
Terza virtù cardinale. Una virtù per la quale c'è un sacramento ad hoc per conferircela e per rafforzarla: la Confermazione. Sono tempi, di oggi, nei quali è necessario essere molto forti. La vita cristiana, secondo antichissima tradizione, è vita di combattimento spirituale non contro avversari fatti di ossa. C'è la dimensione della lotta nella vita cristiana e per lottare bisogna essere attrezzati ed essere forti.
Le virtù cardinali non sono esclusive di noi cristiani, ma erano conosciuti in ambito pagano. Andronico disse che la fortezza era la virtù dell'irascibile (il don spera che si capisca - l'irascibile era una delle due parti in cui era divisa l'anima sensitiva o parte inferiore secondo san Tommaso) che non si lascia spaventare dal timore della morte.
La virtù della fortezza ha come oggetto la rimozione degli ostacoli per poter compiere il bene, difficoltà gravi ed estreme in alcuni circostanze, per esempio allontanando il pericolo della morte o di altri danni o guai che potrebbero derivare dall'operare la virtù. Questa virtù aiuta a vincere la paura e a temperare l'audacia. O si pecca quando non si agisce per paura o una persona può agire in maniera sconsiderata dimenticando la prudenza. Prudenza che non deve diventare mai viltà. L'esercizio delle virtù comprende la difficoltà che non sempre - nella situazione concreta - è facile discernere l'atto da porsi. E ci vuole l'aiuto dello Spirito Santo che aiuti la nostra scelta appoggiata da una buona formazione. L'atto di fortezza per antonomasia è il martirio, dove una persona preferisce farsi uccidere piuttosto che rinnegare la Fede o la Giustizia. Quando ci prende la paura è difficile. La paura è una catena fondamentale e molto difficilmente superabile. La passione più difficilmente vincibile. Un'altra è la tristezza, mai soccombere sotto il peso della tristezza. La fortezza conferisce una tenacia invincibile chiamata anche fermezza nel perseguire il bene di fronte a tutti i guai o forme di sofferenza fisica, dolori spirituali ed interiori. Magari una persona omette un gesto per paura di non essere capito, criticato, abbandonato, di rimanere solo, a paura di ritrovarsi da solo contro tutti. Peggio questo o le sofferenze fisiche e della morte? Dipende dai caratteri. Questa virtù - dice san Tommaso - anche se l'uomo forte prevede i pericoli e si prepara ad affrontarli / i tempi difficili, se ci trovano impreparati corrono il rischio di farci soccombere. Le sveglie che abbiamo preso con il Covid ecc... qualcuno pensa che sia finita? Il don pensa che non siano finite. Chi esce da questa prima fase con le ossa rotte tragga insegnamento da ciò che ha vissuto e cerchi di prepararsi perchè - secondo il don - le prove non sono ancora entrate nel vivo. E' sempre prudente prepararsi ad affrontare rischi e pericoli, tuttavia la virtù della fortezza si manifesta in casi imprevisti - dice sempre San Tommaso - l'uomo forte non gode nel compiere gli atti di fortezza (se una persona viene ammazza non è che mentre viene ammazzata gode o viene percossa, calunniata, disonorata, messa in carcere ecc... non gode). Però il godimento della virtù compiuta, della consapevolezza di aver fatto la cosa giusta impedisce all'anima di farsi vincere dalla tristezza o da farsi incalzare dai dolori fisici.
Si può mancare a questa virtù con l'eccesso o con il troppo poco: la viltà o paura e l'altro è l'audacia. La viltà è peccato quando per paura di certi mali, la persona si astiene a compiere certe scelte per perseguire il bene. E' peccato veniale quando la volontà non ha il consenso, si agisce impauriti per debolezza, mentre è mortale quando la volontà dà il consenso a tralasciare per paura una cosa che è comandata per precetto (per esempio l'osservanza della legge di Dio). Dice san Tommaso - facciamo attenzione - non c'è peccato quando si tollera un male minore per sfuggire ad un male maggiore. Per esempio si lascia - per conservare la propria vita - che i ladri rubino di fronte ai propri occhi. Qui non c'è peccato. Altro è accettare un male maggiore per evitare un male minore, in questo caso si ha un peccato veniale, perchè quando agiamo per paura, ma paura paura - e ringraziamo il Signore che sia così - la presenza di questa passione diminuisce fortemente la volontarietà, quando noi siamo pressati dal terrore e della paura.....la volontà piena è quando io decido di fare una cosa spontaneamente senza avere una minaccia nè una violenza nè una pressione della paura. Ma non scusa completamente dal peccato veniale (la paura). In certi casi. L'audacia è la mancanza di retta considerazione dei pericoli - in genere san Tommaso dice che i temerari sono baldanzosi prima che soppravvengano i pericoli; poi però quando arrivano scappano. I forti sanno regolare l'impeto nell'affrontare le cose ostili e quando i guai arrivano sono in grado di reagire. Molto affine all'audacia c'è la spavalderia cioè non si teme ciò che va temuto. Alcune cose sono da temere: il giudizio di Dio.
La fortezza è una virtù quadriforme: la magnanimità, è la tensione della volontà verso il conseguimento di cose grandi e degne di tale onore. Secondo san Tommaso d'Aquino il magnanimo ha 5 proprietà: 1) il magnanimo non ricorda i benefici ricevuti perchè largheggia nel contraccambiare e nel dare 2) è ozioso e tardo, non nel senso negativo, non vuole perdere tempo e si occupa solo delle cose importanti ed eccellenti 3) si serve dell'ironia, cela la sua grandezza senza mentire o simulare - perchè sono peccati - facendosi modesto davanti al prossimo 4) rifugge ed aborrisce l'adulazione e la simulazione 5) persegue ed antepone sempre ciò che è Bene a ciò che è utile. Rientra anche la fiducia, nel senso che è una persona ottimista e ha la speranza ferma di perseguire ciò che si propone e la sicurezza grazie alla quale non cede di fronte alle prove. A questa virtù si oppone la presuzione: l'atteggiamento di chi intraprende cose grandi superiori alle sue forze mentre il magnanimo non lo fa mai. Gesù dice che chi vuole costruire una torre cerca di sapere se ha i mezzi per portarla a compimento. Il presuntuoso si sfracella regolarmente. San Tommaso, ciò che si può con l'aiuto di altri, se si può - con l'aiuto degli altri vuol dire che in potere dell'agente. Il giusto e il santo non hanno bisogno che nessuno glielo ricordi che senza l'aiuto di Dio non si può fare nulla di buono, e la grazia non manca mai a chi la chiede e si dispone a riceverla, ed usa i mezzi e prega e i Santi si regolano così: fai come se tutto dipendesse da te anche se niente dipende da te. Un'altra caratteristica della presunzione è il non seguire le fasi di crescita: un principiante non si può mettere a fare le opere di penitenza che facevano i Santi. Non escluso che crescendo che il Signore ti chiederà gesti impegnativi ma ci arrivi pian piano. Una particolare specie gravissima di presunzione è quella di salvarsi senza meriti. Un peccato che oggi è ampiamente diffuso oggi. Siccome Dio è misericordioso - si pensa erroneamente - ti pare che qualcuno vada all'inferno? Una falsa fiducia in una falsa misericordia rischia di essere un passaggio per l'inferno. L'Eucarestia è il Paradiso sulla terra a patto che non ci si accosti indegnamente. Alla magnaminità si oppongono: l'ambizione, la vanagloria, la pusillaminità,...l'ambizione è la brama disordinata dell'onore ed altre specie, l'ambizioso è una persona spregievole. Non riferisce qualche eccellenza che ha alla sua fonte (Dio) o al bene altrui. Mai cercare gli onori - il Signore ci ha raccomandato di stare all'ultimo posto, lascia che siano gli altri a dire qualcosa di buono su di te. E ricordati di ringraziare la fonte del tuo bene. Noi siamo un nulla abitato dal Tutto e nella misura in cui noi ci siamo abitati dal nulla, il Signore le cataratte delle grazie e ti dà quello che è necessario per fare il bene. La vanagloria: l'uomo naturalmente tende, non è un certamente un male, chi arriverà in Paradiso raggiungerà la gloria; in quello che penso, dico, faccio...devo pensare: Gesù che pensa di me? Che penserebbe di me? Approva o disapprova? Non sempre possiamo esserne sicuri ma su alcune cose grosse, se ci interroghiamo profondamente il don pensa che ci si possa arrivare. Dobbiamo sempre pensare che ci troveremo davanti a Lui e se mi trovassi oggi che gli direi? Sarei pronto a presentarmi davanti a Lui? Cerchiamo la gloria di Dio. La gloria è vana: quando si cerca lode in piccole cose e caduche, quante persone fanno eventi ecc... cose carine, che ti possono fare stare bene e possono contribuire al benessere alla comunità ma possono diventare casi di stato, è vana quando è ricercata presso gli uomini: cosa pensano gli altri di me? Il giudizio delle persone è sempre fallace ed imperfetto: chiunque ci guarda non conosce il nostro interno, magari ti dice bravo ma siamo sicuri? Per chi sto agendo? La lode delle persone è incostante. Sapeste quante persone da grandi lodatori si possono trasformare in micidiali detrattori in un battibaleno. Per cui non dobbiamo dargli nessuna considerazione ricordando che se tutti mi lodino ma il Signore dovesse pensare male di me, quelle lodi varrebbero zero. La lode e la gloria è vana quando non è ordinata al debito fine: la gloria di Dio. Per esempio può essere un peccato mortala la vanagloria quando si preferiscono i beni temporali a quelli celesti; la parabola dell'uomo stolto che accumulava o la testimonianza delle persone anzichè quella di Dio - prendere la gloria dagli uomini e non cercare la gloria di Dio -. O quando la gloria sia il fine ultimo dell'agire, ma solo il diretto interessato lo può sapere. Fuori da questi esempi è un peccato veniale. La vanagloria ha 7 figlie: la millanteria, chi aumenta la parvenza di eccellenza con cose false, la pretesa di notività, quando si ha la pretesa di avere comportamenti originali per attirare l'attenzione, pensiamo oggi quanta questa cosa sia diffusa - basti pensare alle esibizioni di un festival italiano che vanno quasi sempre a finire un atteggiamenti scandalosi, l'ipocrisia quando si fanno atteggiamenti falsi per essere lodati - chi si atteggia a santo senza esserlo - la pertinacia, la difesa delle proprie idee senza ascoltare un consiglio, è un tetragono - la discordia, quando si rifiuta si abbandonare i propri pareri in nome della comunione (nella Verità). Le polemiche con il prossimo, la contesa e la disobbedienza. Il rifiuto di obbedire ai legittimi ordini di chi ha il potere di darceli - nei limiti e della conformità della legge di Dio. La pusillaminità è chi rifiuta a compiere i propri sforzi - per esempio il servo pusillamine del vangelo che sottoterra la moneta - poi con la pigrizia, accidia ed ignavia. L'ignavia è il non fare il ciò che si dovrebbe fare e si potrebbe fare - quando questa cosa verte su cose grave ed importanti - può compromettere l'eterna salvezza.
La pazienza e poi la perseveranza. La magnificenza, fare qualcosa di grande consiste nel progettere cose sublimi e dispendiose, ha in oggetto di fare grandi spese per onore di Dio. Il gesto evangelico magnificente per antonomasia è quello di Maria Maddalena che spacca il vasetto di nardo che costava 300 denari - vuol dire quasi uno stipendio di un'anno, 15.000€ diremmo oggi - per Gesù. Le cose per Dio si fanno in grande, il curato d'Ars indossava talari stracciate ma i paramenti sacri o calici aveva sempre il top del top. Pensiamo a certa sciatteria di oggi giustificata con la povertà evangelica e giustificata all'essenzialità - calici di legno, camici che sembrano stracci, vesti liturgiche di bassa qualità e qualche volta di vede qualche macchinone. Iniziamo ad avere un pochino di discernimento perchè l'arte del diavolo è presentare la virtù come vizio e il vizio come virtù. E oggi dentro il nostro contesto sono tante le virtù camuffate ed invocate a sproposito. La magnificenza è il giusto tra la grettezza, dalla taccagneria e lo sperpero.
La pazienza: che ci porta in Cielo che disse la Madonna a Fatima. La pazienza ha avuto varie definizione: Cicerone: la volontaria e prolungata sopportazione di cose ardue e difficili motivate da un fine ultimo ed onesto. Sant' Agostino: sopportare con animo sereno i turbamento della tristezza che scoraggiano nella corsa verso il bene e san Gregorio Magno disse: sopportare tutti i mali che ci derivano dagli altri. Ciascuna coglie un punto. Mettiamole insieme. Si accetta ogni dolore e privazione in vista dell'amore di Dio in vista del godimento di Lui, tutto si sopporta: le tristezze e i mali che ci vengono dagli altri e anche la volontaria sopportazione delle cose della vita (caldo, freddo, la scomodità, la precarietà, ecc...). Una virtù connessa alla pazienza è la longanimità. E' la capacità di attendere nel tempo un bene sperato. Noi cristiani siamo longanimi perchè noi investiamo per il Paradiso. Dio conosce la macro - economia perchè studia i cicli economici sul lungo periodo e noi siamo tutti sul lungo periodo. Non siamo mai nel breve periodo. Noi investiamo sul futuro. Poi c'è la costanza, capacità di affrontare le difficoltà, è quella cosa che ti fa resistere superando le difficoltà - il problema della virtù è il protarsi dello sforzo nel tempo. La perseveranza ti fa andare avanti, qua bisogna essere virtuosi fino alla fine e il logorio del tempo può far cambiare tante cose. Le virtù devono essere conservate. Possono avere delle difficoltà nell' essere compiute (le virtù) e quando ci stanno le difficoltà grosse bisogna essere costanti. Nella costanza e perseveranza ci giochiano una grande parte del nostro cammino spirituale. Se uno non è costante e perseverante non va da nessuna parte. San Tommaso dice che Dio è paziente con coloro che peccano per maliza - che in quanto tale andrebbero subito castigati - mentre è longanime con quelli che peccano per fragilità, aspetta che prendano coscenza del male commesso e aspetta che si correggano e si emendino.
Si resiste al tempo con la costanza, il logorio del tempo. E quindi la perseveranza modera il timore di venire meno a causa dello sforzo. Quanti iniziano bene la vita virtuosa e quanti poi mollano - anche in parte - la vita virtuosa. Per essere perseveranti è necessario un dono di Dio. La perseveranza finale - si legge nel Concilio di Trento - bisogna chiederlo tutti i giorni come faceva Padre Pio. I vizi opposti sono la pertinacia e la mollezza. La pertinacia - tenace in modo imprudente, la persona perticie è colui che vuole andare avanti fino alla fine e si incaponisce anche se si rende conto che sta sbagliando. La mollezza è il vizio attraverso il quale alla minima difficoltà si abbandona la virtù. Le anime molle non andranno da nessuna parte. Solo chi perseverà fino alla fine sarà salvato - dobbiamo chiedere a Dio questa grazia e di metterci del nostro sapendo che solo chi persevera fino alla fine sarà salvato. Può darsi che in questo momento le cose vadino bene, ma andranno bene domani?
CATECHESI DI DON LEONARDO MARIA POMPEI
Terza virtù cardinale. Una virtù per la quale c'è un sacramento ad hoc per conferircela e per rafforzarla: la Confermazione. Sono tempi, di oggi, nei quali è necessario essere molto forti. La vita cristiana, secondo antichissima tradizione, è vita di combattimento spirituale non contro avversari fatti di ossa. C'è la dimensione della lotta nella vita cristiana e per lottare bisogna essere attrezzati ed essere forti.
Le virtù cardinali non sono esclusive di noi cristiani, ma erano conosciuti in ambito pagano. Andronico disse che la fortezza era la virtù dell'irascibile (il don spera che si capisca - l'irascibile era una delle due parti in cui era divisa l'anima sensitiva o parte inferiore secondo san Tommaso) che non si lascia spaventare dal timore della morte.
La virtù della fortezza ha come oggetto la rimozione degli ostacoli per poter compiere il bene, difficoltà gravi ed estreme in alcuni circostanze, per esempio allontanando il pericolo della morte o di altri danni o guai che potrebbero derivare dall'operare la virtù. Questa virtù aiuta a vincere la paura e a temperare l'audacia. O si pecca quando non si agisce per paura o una persona può agire in maniera sconsiderata dimenticando la prudenza. Prudenza che non deve diventare mai viltà. L'esercizio delle virtù comprende la difficoltà che non sempre - nella situazione concreta - è facile discernere l'atto da porsi. E ci vuole l'aiuto dello Spirito Santo che aiuti la nostra scelta appoggiata da una buona formazione. L'atto di fortezza per antonomasia è il martirio, dove una persona preferisce farsi uccidere piuttosto che rinnegare la Fede o la Giustizia. Quando ci prende la paura è difficile. La paura è una catena fondamentale e molto difficilmente superabile. La passione più difficilmente vincibile. Un'altra è la tristezza, mai soccombere sotto il peso della tristezza. La fortezza conferisce una tenacia invincibile chiamata anche fermezza nel perseguire il bene di fronte a tutti i guai o forme di sofferenza fisica, dolori spirituali ed interiori. Magari una persona omette un gesto per paura di non essere capito, criticato, abbandonato, di rimanere solo, a paura di ritrovarsi da solo contro tutti. Peggio questo o le sofferenze fisiche e della morte? Dipende dai caratteri. Questa virtù - dice san Tommaso - anche se l'uomo forte prevede i pericoli e si prepara ad affrontarli / i tempi difficili, se ci trovano impreparati corrono il rischio di farci soccombere. Le sveglie che abbiamo preso con il Covid ecc... qualcuno pensa che sia finita? Il don pensa che non siano finite. Chi esce da questa prima fase con le ossa rotte tragga insegnamento da ciò che ha vissuto e cerchi di prepararsi perchè - secondo il don - le prove non sono ancora entrate nel vivo. E' sempre prudente prepararsi ad affrontare rischi e pericoli, tuttavia la virtù della fortezza si manifesta in casi imprevisti - dice sempre San Tommaso - l'uomo forte non gode nel compiere gli atti di fortezza (se una persona viene ammazza non è che mentre viene ammazzata gode o viene percossa, calunniata, disonorata, messa in carcere ecc... non gode). Però il godimento della virtù compiuta, della consapevolezza di aver fatto la cosa giusta impedisce all'anima di farsi vincere dalla tristezza o da farsi incalzare dai dolori fisici.
Si può mancare a questa virtù con l'eccesso o con il troppo poco: la viltà o paura e l'altro è l'audacia. La viltà è peccato quando per paura di certi mali, la persona si astiene a compiere certe scelte per perseguire il bene. E' peccato veniale quando la volontà non ha il consenso, si agisce impauriti per debolezza, mentre è mortale quando la volontà dà il consenso a tralasciare per paura una cosa che è comandata per precetto (per esempio l'osservanza della legge di Dio). Dice san Tommaso - facciamo attenzione - non c'è peccato quando si tollera un male minore per sfuggire ad un male maggiore. Per esempio si lascia - per conservare la propria vita - che i ladri rubino di fronte ai propri occhi. Qui non c'è peccato. Altro è accettare un male maggiore per evitare un male minore, in questo caso si ha un peccato veniale, perchè quando agiamo per paura, ma paura paura - e ringraziamo il Signore che sia così - la presenza di questa passione diminuisce fortemente la volontarietà, quando noi siamo pressati dal terrore e della paura.....la volontà piena è quando io decido di fare una cosa spontaneamente senza avere una minaccia nè una violenza nè una pressione della paura. Ma non scusa completamente dal peccato veniale (la paura). In certi casi. L'audacia è la mancanza di retta considerazione dei pericoli - in genere san Tommaso dice che i temerari sono baldanzosi prima che soppravvengano i pericoli; poi però quando arrivano scappano. I forti sanno regolare l'impeto nell'affrontare le cose ostili e quando i guai arrivano sono in grado di reagire. Molto affine all'audacia c'è la spavalderia cioè non si teme ciò che va temuto. Alcune cose sono da temere: il giudizio di Dio.
La fortezza è una virtù quadriforme: la magnanimità, è la tensione della volontà verso il conseguimento di cose grandi e degne di tale onore. Secondo san Tommaso d'Aquino il magnanimo ha 5 proprietà: 1) il magnanimo non ricorda i benefici ricevuti perchè largheggia nel contraccambiare e nel dare 2) è ozioso e tardo, non nel senso negativo, non vuole perdere tempo e si occupa solo delle cose importanti ed eccellenti 3) si serve dell'ironia, cela la sua grandezza senza mentire o simulare - perchè sono peccati - facendosi modesto davanti al prossimo 4) rifugge ed aborrisce l'adulazione e la simulazione 5) persegue ed antepone sempre ciò che è Bene a ciò che è utile. Rientra anche la fiducia, nel senso che è una persona ottimista e ha la speranza ferma di perseguire ciò che si propone e la sicurezza grazie alla quale non cede di fronte alle prove. A questa virtù si oppone la presuzione: l'atteggiamento di chi intraprende cose grandi superiori alle sue forze mentre il magnanimo non lo fa mai. Gesù dice che chi vuole costruire una torre cerca di sapere se ha i mezzi per portarla a compimento. Il presuntuoso si sfracella regolarmente. San Tommaso, ciò che si può con l'aiuto di altri, se si può - con l'aiuto degli altri vuol dire che in potere dell'agente. Il giusto e il santo non hanno bisogno che nessuno glielo ricordi che senza l'aiuto di Dio non si può fare nulla di buono, e la grazia non manca mai a chi la chiede e si dispone a riceverla, ed usa i mezzi e prega e i Santi si regolano così: fai come se tutto dipendesse da te anche se niente dipende da te. Un'altra caratteristica della presunzione è il non seguire le fasi di crescita: un principiante non si può mettere a fare le opere di penitenza che facevano i Santi. Non escluso che crescendo che il Signore ti chiederà gesti impegnativi ma ci arrivi pian piano. Una particolare specie gravissima di presunzione è quella di salvarsi senza meriti. Un peccato che oggi è ampiamente diffuso oggi. Siccome Dio è misericordioso - si pensa erroneamente - ti pare che qualcuno vada all'inferno? Una falsa fiducia in una falsa misericordia rischia di essere un passaggio per l'inferno. L'Eucarestia è il Paradiso sulla terra a patto che non ci si accosti indegnamente. Alla magnaminità si oppongono: l'ambizione, la vanagloria, la pusillaminità,...l'ambizione è la brama disordinata dell'onore ed altre specie, l'ambizioso è una persona spregievole. Non riferisce qualche eccellenza che ha alla sua fonte (Dio) o al bene altrui. Mai cercare gli onori - il Signore ci ha raccomandato di stare all'ultimo posto, lascia che siano gli altri a dire qualcosa di buono su di te. E ricordati di ringraziare la fonte del tuo bene. Noi siamo un nulla abitato dal Tutto e nella misura in cui noi ci siamo abitati dal nulla, il Signore le cataratte delle grazie e ti dà quello che è necessario per fare il bene. La vanagloria: l'uomo naturalmente tende, non è un certamente un male, chi arriverà in Paradiso raggiungerà la gloria; in quello che penso, dico, faccio...devo pensare: Gesù che pensa di me? Che penserebbe di me? Approva o disapprova? Non sempre possiamo esserne sicuri ma su alcune cose grosse, se ci interroghiamo profondamente il don pensa che ci si possa arrivare. Dobbiamo sempre pensare che ci troveremo davanti a Lui e se mi trovassi oggi che gli direi? Sarei pronto a presentarmi davanti a Lui? Cerchiamo la gloria di Dio. La gloria è vana: quando si cerca lode in piccole cose e caduche, quante persone fanno eventi ecc... cose carine, che ti possono fare stare bene e possono contribuire al benessere alla comunità ma possono diventare casi di stato, è vana quando è ricercata presso gli uomini: cosa pensano gli altri di me? Il giudizio delle persone è sempre fallace ed imperfetto: chiunque ci guarda non conosce il nostro interno, magari ti dice bravo ma siamo sicuri? Per chi sto agendo? La lode delle persone è incostante. Sapeste quante persone da grandi lodatori si possono trasformare in micidiali detrattori in un battibaleno. Per cui non dobbiamo dargli nessuna considerazione ricordando che se tutti mi lodino ma il Signore dovesse pensare male di me, quelle lodi varrebbero zero. La lode e la gloria è vana quando non è ordinata al debito fine: la gloria di Dio. Per esempio può essere un peccato mortala la vanagloria quando si preferiscono i beni temporali a quelli celesti; la parabola dell'uomo stolto che accumulava o la testimonianza delle persone anzichè quella di Dio - prendere la gloria dagli uomini e non cercare la gloria di Dio -. O quando la gloria sia il fine ultimo dell'agire, ma solo il diretto interessato lo può sapere. Fuori da questi esempi è un peccato veniale. La vanagloria ha 7 figlie: la millanteria, chi aumenta la parvenza di eccellenza con cose false, la pretesa di notività, quando si ha la pretesa di avere comportamenti originali per attirare l'attenzione, pensiamo oggi quanta questa cosa sia diffusa - basti pensare alle esibizioni di un festival italiano che vanno quasi sempre a finire un atteggiamenti scandalosi, l'ipocrisia quando si fanno atteggiamenti falsi per essere lodati - chi si atteggia a santo senza esserlo - la pertinacia, la difesa delle proprie idee senza ascoltare un consiglio, è un tetragono - la discordia, quando si rifiuta si abbandonare i propri pareri in nome della comunione (nella Verità). Le polemiche con il prossimo, la contesa e la disobbedienza. Il rifiuto di obbedire ai legittimi ordini di chi ha il potere di darceli - nei limiti e della conformità della legge di Dio. La pusillaminità è chi rifiuta a compiere i propri sforzi - per esempio il servo pusillamine del vangelo che sottoterra la moneta - poi con la pigrizia, accidia ed ignavia. L'ignavia è il non fare il ciò che si dovrebbe fare e si potrebbe fare - quando questa cosa verte su cose grave ed importanti - può compromettere l'eterna salvezza.
La pazienza e poi la perseveranza. La magnificenza, fare qualcosa di grande consiste nel progettere cose sublimi e dispendiose, ha in oggetto di fare grandi spese per onore di Dio. Il gesto evangelico magnificente per antonomasia è quello di Maria Maddalena che spacca il vasetto di nardo che costava 300 denari - vuol dire quasi uno stipendio di un'anno, 15.000€ diremmo oggi - per Gesù. Le cose per Dio si fanno in grande, il curato d'Ars indossava talari stracciate ma i paramenti sacri o calici aveva sempre il top del top. Pensiamo a certa sciatteria di oggi giustificata con la povertà evangelica e giustificata all'essenzialità - calici di legno, camici che sembrano stracci, vesti liturgiche di bassa qualità e qualche volta di vede qualche macchinone. Iniziamo ad avere un pochino di discernimento perchè l'arte del diavolo è presentare la virtù come vizio e il vizio come virtù. E oggi dentro il nostro contesto sono tante le virtù camuffate ed invocate a sproposito. La magnificenza è il giusto tra la grettezza, dalla taccagneria e lo sperpero.
La pazienza: che ci porta in Cielo che disse la Madonna a Fatima. La pazienza ha avuto varie definizione: Cicerone: la volontaria e prolungata sopportazione di cose ardue e difficili motivate da un fine ultimo ed onesto. Sant' Agostino: sopportare con animo sereno i turbamento della tristezza che scoraggiano nella corsa verso il bene e san Gregorio Magno disse: sopportare tutti i mali che ci derivano dagli altri. Ciascuna coglie un punto. Mettiamole insieme. Si accetta ogni dolore e privazione in vista dell'amore di Dio in vista del godimento di Lui, tutto si sopporta: le tristezze e i mali che ci vengono dagli altri e anche la volontaria sopportazione delle cose della vita (caldo, freddo, la scomodità, la precarietà, ecc...). Una virtù connessa alla pazienza è la longanimità. E' la capacità di attendere nel tempo un bene sperato. Noi cristiani siamo longanimi perchè noi investiamo per il Paradiso. Dio conosce la macro - economia perchè studia i cicli economici sul lungo periodo e noi siamo tutti sul lungo periodo. Non siamo mai nel breve periodo. Noi investiamo sul futuro. Poi c'è la costanza, capacità di affrontare le difficoltà, è quella cosa che ti fa resistere superando le difficoltà - il problema della virtù è il protarsi dello sforzo nel tempo. La perseveranza ti fa andare avanti, qua bisogna essere virtuosi fino alla fine e il logorio del tempo può far cambiare tante cose. Le virtù devono essere conservate. Possono avere delle difficoltà nell' essere compiute (le virtù) e quando ci stanno le difficoltà grosse bisogna essere costanti. Nella costanza e perseveranza ci giochiano una grande parte del nostro cammino spirituale. Se uno non è costante e perseverante non va da nessuna parte. San Tommaso dice che Dio è paziente con coloro che peccano per maliza - che in quanto tale andrebbero subito castigati - mentre è longanime con quelli che peccano per fragilità, aspetta che prendano coscenza del male commesso e aspetta che si correggano e si emendino.
Si resiste al tempo con la costanza, il logorio del tempo. E quindi la perseveranza modera il timore di venire meno a causa dello sforzo. Quanti iniziano bene la vita virtuosa e quanti poi mollano - anche in parte - la vita virtuosa. Per essere perseveranti è necessario un dono di Dio. La perseveranza finale - si legge nel Concilio di Trento - bisogna chiederlo tutti i giorni come faceva Padre Pio. I vizi opposti sono la pertinacia e la mollezza. La pertinacia - tenace in modo imprudente, la persona perticie è colui che vuole andare avanti fino alla fine e si incaponisce anche se si rende conto che sta sbagliando. La mollezza è il vizio attraverso il quale alla minima difficoltà si abbandona la virtù. Le anime molle non andranno da nessuna parte. Solo chi perseverà fino alla fine sarà salvato - dobbiamo chiedere a Dio questa grazia e di metterci del nostro sapendo che solo chi persevera fino alla fine sarà salvato. Può darsi che in questo momento le cose vadino bene, ma andranno bene domani?
CATECHESI DI DON LEONARDO MARIA POMPEI
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