Grande disgrazia aver dimenticato i novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso).
Passa la scena di questo mondo (san Paolo). Il Papa San Giovanni Paolo II durante un'udienza disse: ricordiamoci spesso dei novissimi e ritroveremo il senso profondo del vivere. Don Silvestro deve parlare di una problematica che li riguarda: Li abbiamo dimenticati.
Grande disgrazia è dimenticare dei novissimi
E' certo per mancanza di considerazioni delle verità eterne il mondo è pieno di peccati e l'inferno è pieno di anime (diceva sant'Alfonso Maria de Liguori). Il catechismo di san Pio X dice: è bene pensare ai novissimi e quando si fa orazione appena svegliati e prima di andare a dormire e quando vogliamo fare il Male. La Vergine Maria, in una rivelazione privata, ebbe a dire a Santa Maria d'Agreda: così Lucifero continuamente trascina all'inferno un gran numero di persone facendo dimenticare alle persone l'inferno, purgatorio e Paradiso e la gloria. I novissimi, le cose ultime, la morte, il giudizio e l'inferno o il Purgatorio o il Paradiso è ---- il fatto di dimenticarsene è la disgrazia somma che possa accadere ad una persona; infatti dimenticare la morte vuol dire non pensare a prepararsi e morire da peccatore. La Regina del Cielo rivolgendosi a Santa Maria d'Agreda disse: tra gli assurdi inganni che i demoni hanno introdotto tra le persone, non c'è alcuno più pericoloso del fatto che la vita terrena ha un termine e poi c'è il Giudizio. Il peccato del mondo è entrato attraverso questa via, perché la cosa principale con cui il serpente tentò Eva fu che non sarebbe morta e dunque non vi pensasse. (Mistica Città di Dio, n.8 n. 711)
San Giovanni Climaco: Come il pane (e gli altri alimenti) è necessario al corpo, così l'attento e sollecito pensiero di Dio e della morte - sopra tutte le altre operazioni - è necessario alla salvezza dell'anima. San Giovanni 23:° diceva: non occorre fare illusioni ma rendervi familiare il pensiero della fine, ma non per timore ma per lavorare e servire Dio. Dimenticare il giudizio di Dio è un disprezzare il Signore e allora sarà molto terribile questo giudizio. La meditazione sul giudizio di Dio è così salutare che Sant'Agostino disse: se i cristiani non ascoltassero altra predicazione che quella del giudizio di Dio quella sola basterebbe ad osservare il Vangelo e farli vivere in grazia. Abbiamo visto cosa significa dimenticarsi del Cielo. E perduto il Paradiso è perduto tutto. Gesù disse: che giova all'uomo (intendendo tutti) guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima? Ossia la Vita Eterna? Siate sempre pronti con i fianchi cinti e le lucerne accese - come i servi pronti ad aspettare il padrone. Il servo non sa cosa fa il Padrone perché il padrone gli dice di fare un'azione ma non lo scopo di essa. Gesù ci ha detto però il fine.
[8]Voi che temete il Signore, confidate in lui; il vostro salario non verrà meno. [9]Voi che temete il Signore, sperate i suoi benefici, la felicità eterna e la misericordia. (Siracide 2)
Anche Mosè, secondo la Lettera agli Ebrei guardava alla ricompensa. San Pio scriveva ad una sua figlia spirituale scrive: ascoltiamo ciò che il Signore ci dice l'apostolo Paolo, perché noi fissiamo lo sguardo non su quelle cose visibili ma su quelle invisibili; le cose visibili sono di un momento ma quelle invisibili sono eterne. Miriamo a quelle cose che non si vedono. I beni celesti sono eterni e non transitori come quelli terreni. I beni visibili sono simili un rapido fiume che come arriva va via. Lasciamo a chi per sua sventura non sa distinguere i beni sensibili con quelli eterni. Il premio si riceve lassù e la patria nostra è il Cielo e noi dobbiamo aspirare alla nostra vera patria.
Le condizioni minime per parlare di Fede sono (secondo l'autore della lettera agli Ebrei) sono che: Egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano. Se nella persona viene a mancare anche un solo di questi elementi - l'autore della Lettera agli Ebrei - dice che è impossibile essere graditi a Dio e dice che chi si accosta a Dio deve credere che Egli esiste e Dio non ama l'Empietà. Non credere alla ricompensa divina conduce la persona all'empietà, perché l'empio pensa: Dio non me ne chiederà conto (del male che ho fatto ndr). Il libro della Sapienza dice che le persone empie non conoscono i segreti di Dio, né sperano salario per la Santità né credono alla ricompensa delle anime pure (capitolo 2, versetto 22). Sant'Alfonso Maria di Liguori dice che chi desidera poco il Paradiso dimostra di amare poco il Signore, chi ama desidera la presenza dell'Amato. I santi hanno desiderato la morte per andare a vedere il Signore. La Madonna a Maria da Greda disse: è deplorevole per le persone non rammentare la gloria che il Signore riserva alle persone che si dispongono per meritarla. Chi dimentica la gloria futura è in pericolo di perderla (cioè è in pericolo di dannazione ndr), nessuno ha una buona scusa al riguardo. Tutti si danno e molto da fare e spendendo molta energia per dimenticarsi per lo scopo sono stati creati. Si abbandonano all'avidità degli occhi e alla concupiscenza della carne impiegando ogni facoltà dell'anima e tutto l'arco della loro esistenza. E non resta in loro nulla per pensare alla celeste beatitudine.
Dimenticare l'inferno, è andarci incontro. Perché non si fa nulla per evitarlo e vi si precipita. Quando a san Girolamo venne chiesto come mai si fosse ritirato a vivere in una grotta per vivere come un'eremita penitente, egli ripose: mi sono condannato a questa prigione perché temo l'inferno. Perché San Paolo - sebbene sia stato rapito al terzo cielo e fosse carico di meriti - scrisse: tratto duramente il mio corpo e lo metta in schiavitù perché non succeda che mentre predico agli altri, io venga riprovato.
Noi infatti, con una superficialità che fa spavento, pensiamo di evitare l'inferno senza né meriti né timori. Anzi, arriviamo a raccomandare di non parlarne mai perché impressione non curandoci del fatto che Gesù nel Vangelo ne ha parlato 18 volte. San Giovanni Crisostomo ha scritto: cosa c'è di peggio dell'inferno? Eppure nulla è più utile che temerlo, perché fatto ciò, ci procura la corona del Re.
La meditazione sull'inferno ha condotto molti santi in Paradiso. L'inferno sia per noi una scuola d'amore e di zelo perché bisogna pregare per le anime che stanno per cadervi. Contro l'affermazione di Lutero secondo il quale la contrizione per paura dell'inferno rende la persona ipocrita e maggiormente peccatore, il Concilio di Trento ha dichiarato che essa è un dono di Dio ed un'impulso dello Spirito Santo con il cui aiuto, il penitente si prepara alla via della giustificazione. E' un vero e proficuo dolore.
La Scrittura in molti punti, esorta a guardarsi dal peccato, a motivo dei castighi divini. Pensiamo Matteo 10, 28. Anche i Padri si servono spesso del timore delle pene, ricordando al peccatore a cosa va incontro se non la smette. Entrate per la porta stretta (dice Gesù) perché è larga la porta che conduce alla perdizione. Nella Scrittura pare che la dimenticanza dei novissimi conduca a vivere da stolti ed insensati e che la saggezza dell'uomo sia di ricordarsi dei novissimi.
Deuteronomio capitolo 32
29 Se fossero saggi comprenderebbero questo, considererebbero la fine che li aspetta.
Isaia 47
7 Ti credevi eterna, signora degli imperi per sempre. Non hai pensato a questi fatti, non ti sei resa conto di quanto stava per accadere.
Terribile imprudenza è quella di dimenticarsi delle cose future. L'ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono un sacco di cose che la sorpassano. E che dire di quelle soprannaturali?
Amore e timore. L'amore ci fa accelerare il passo, il timore ci fa vedere dove mettiamo il passo. Seminato di inciampi è il terreno che dobbiamo percorrere in questa vita.
Ciclo di catechesi del don Silvestro Zamma
Passa la scena di questo mondo (san Paolo). Il Papa San Giovanni Paolo II durante un'udienza disse: ricordiamoci spesso dei novissimi e ritroveremo il senso profondo del vivere. Don Silvestro deve parlare di una problematica che li riguarda: Li abbiamo dimenticati.
Grande disgrazia è dimenticare dei novissimi
E' certo per mancanza di considerazioni delle verità eterne il mondo è pieno di peccati e l'inferno è pieno di anime (diceva sant'Alfonso Maria de Liguori). Il catechismo di san Pio X dice: è bene pensare ai novissimi e quando si fa orazione appena svegliati e prima di andare a dormire e quando vogliamo fare il Male. La Vergine Maria, in una rivelazione privata, ebbe a dire a Santa Maria d'Agreda: così Lucifero continuamente trascina all'inferno un gran numero di persone facendo dimenticare alle persone l'inferno, purgatorio e Paradiso e la gloria. I novissimi, le cose ultime, la morte, il giudizio e l'inferno o il Purgatorio o il Paradiso è ---- il fatto di dimenticarsene è la disgrazia somma che possa accadere ad una persona; infatti dimenticare la morte vuol dire non pensare a prepararsi e morire da peccatore. La Regina del Cielo rivolgendosi a Santa Maria d'Agreda disse: tra gli assurdi inganni che i demoni hanno introdotto tra le persone, non c'è alcuno più pericoloso del fatto che la vita terrena ha un termine e poi c'è il Giudizio. Il peccato del mondo è entrato attraverso questa via, perché la cosa principale con cui il serpente tentò Eva fu che non sarebbe morta e dunque non vi pensasse. (Mistica Città di Dio, n.8 n. 711)
San Giovanni Climaco: Come il pane (e gli altri alimenti) è necessario al corpo, così l'attento e sollecito pensiero di Dio e della morte - sopra tutte le altre operazioni - è necessario alla salvezza dell'anima. San Giovanni 23:° diceva: non occorre fare illusioni ma rendervi familiare il pensiero della fine, ma non per timore ma per lavorare e servire Dio. Dimenticare il giudizio di Dio è un disprezzare il Signore e allora sarà molto terribile questo giudizio. La meditazione sul giudizio di Dio è così salutare che Sant'Agostino disse: se i cristiani non ascoltassero altra predicazione che quella del giudizio di Dio quella sola basterebbe ad osservare il Vangelo e farli vivere in grazia. Abbiamo visto cosa significa dimenticarsi del Cielo. E perduto il Paradiso è perduto tutto. Gesù disse: che giova all'uomo (intendendo tutti) guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima? Ossia la Vita Eterna? Siate sempre pronti con i fianchi cinti e le lucerne accese - come i servi pronti ad aspettare il padrone. Il servo non sa cosa fa il Padrone perché il padrone gli dice di fare un'azione ma non lo scopo di essa. Gesù ci ha detto però il fine.
[8]Voi che temete il Signore, confidate in lui; il vostro salario non verrà meno. [9]Voi che temete il Signore, sperate i suoi benefici, la felicità eterna e la misericordia. (Siracide 2)
Anche Mosè, secondo la Lettera agli Ebrei guardava alla ricompensa. San Pio scriveva ad una sua figlia spirituale scrive: ascoltiamo ciò che il Signore ci dice l'apostolo Paolo, perché noi fissiamo lo sguardo non su quelle cose visibili ma su quelle invisibili; le cose visibili sono di un momento ma quelle invisibili sono eterne. Miriamo a quelle cose che non si vedono. I beni celesti sono eterni e non transitori come quelli terreni. I beni visibili sono simili un rapido fiume che come arriva va via. Lasciamo a chi per sua sventura non sa distinguere i beni sensibili con quelli eterni. Il premio si riceve lassù e la patria nostra è il Cielo e noi dobbiamo aspirare alla nostra vera patria.
Le condizioni minime per parlare di Fede sono (secondo l'autore della lettera agli Ebrei) sono che: Egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano. Se nella persona viene a mancare anche un solo di questi elementi - l'autore della Lettera agli Ebrei - dice che è impossibile essere graditi a Dio e dice che chi si accosta a Dio deve credere che Egli esiste e Dio non ama l'Empietà. Non credere alla ricompensa divina conduce la persona all'empietà, perché l'empio pensa: Dio non me ne chiederà conto (del male che ho fatto ndr). Il libro della Sapienza dice che le persone empie non conoscono i segreti di Dio, né sperano salario per la Santità né credono alla ricompensa delle anime pure (capitolo 2, versetto 22). Sant'Alfonso Maria di Liguori dice che chi desidera poco il Paradiso dimostra di amare poco il Signore, chi ama desidera la presenza dell'Amato. I santi hanno desiderato la morte per andare a vedere il Signore. La Madonna a Maria da Greda disse: è deplorevole per le persone non rammentare la gloria che il Signore riserva alle persone che si dispongono per meritarla. Chi dimentica la gloria futura è in pericolo di perderla (cioè è in pericolo di dannazione ndr), nessuno ha una buona scusa al riguardo. Tutti si danno e molto da fare e spendendo molta energia per dimenticarsi per lo scopo sono stati creati. Si abbandonano all'avidità degli occhi e alla concupiscenza della carne impiegando ogni facoltà dell'anima e tutto l'arco della loro esistenza. E non resta in loro nulla per pensare alla celeste beatitudine.
Dimenticare l'inferno, è andarci incontro. Perché non si fa nulla per evitarlo e vi si precipita. Quando a san Girolamo venne chiesto come mai si fosse ritirato a vivere in una grotta per vivere come un'eremita penitente, egli ripose: mi sono condannato a questa prigione perché temo l'inferno. Perché San Paolo - sebbene sia stato rapito al terzo cielo e fosse carico di meriti - scrisse: tratto duramente il mio corpo e lo metta in schiavitù perché non succeda che mentre predico agli altri, io venga riprovato.
Noi infatti, con una superficialità che fa spavento, pensiamo di evitare l'inferno senza né meriti né timori. Anzi, arriviamo a raccomandare di non parlarne mai perché impressione non curandoci del fatto che Gesù nel Vangelo ne ha parlato 18 volte. San Giovanni Crisostomo ha scritto: cosa c'è di peggio dell'inferno? Eppure nulla è più utile che temerlo, perché fatto ciò, ci procura la corona del Re.
La meditazione sull'inferno ha condotto molti santi in Paradiso. L'inferno sia per noi una scuola d'amore e di zelo perché bisogna pregare per le anime che stanno per cadervi. Contro l'affermazione di Lutero secondo il quale la contrizione per paura dell'inferno rende la persona ipocrita e maggiormente peccatore, il Concilio di Trento ha dichiarato che essa è un dono di Dio ed un'impulso dello Spirito Santo con il cui aiuto, il penitente si prepara alla via della giustificazione. E' un vero e proficuo dolore.
La Scrittura in molti punti, esorta a guardarsi dal peccato, a motivo dei castighi divini. Pensiamo Matteo 10, 28. Anche i Padri si servono spesso del timore delle pene, ricordando al peccatore a cosa va incontro se non la smette. Entrate per la porta stretta (dice Gesù) perché è larga la porta che conduce alla perdizione. Nella Scrittura pare che la dimenticanza dei novissimi conduca a vivere da stolti ed insensati e che la saggezza dell'uomo sia di ricordarsi dei novissimi.
Deuteronomio capitolo 32
29 Se fossero saggi comprenderebbero questo, considererebbero la fine che li aspetta.
Isaia 47
7 Ti credevi eterna, signora degli imperi per sempre. Non hai pensato a questi fatti, non ti sei resa conto di quanto stava per accadere.
Terribile imprudenza è quella di dimenticarsi delle cose future. L'ultimo passo della ragione è riconoscere che ci sono un sacco di cose che la sorpassano. E che dire di quelle soprannaturali?
Amore e timore. L'amore ci fa accelerare il passo, il timore ci fa vedere dove mettiamo il passo. Seminato di inciampi è il terreno che dobbiamo percorrere in questa vita.
Ciclo di catechesi del don Silvestro Zamma
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