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Catechesi sulle beatitudini 4 incontro: introduzione (IV parte)

Don Silvestro continua le sue catechesi sulle beatitudini mettendo in rilievo la bellezza di questo percorso di santità

Negli incontri scorsi abbiamo cercato di smontare tutti i pregiudizi sulla santità derivanti dal Mondo e dalle nostre paure servendoci della Parola di Dio e dei Santi mettendo in rilievo che il cammino della Santità coincide con il cammino della felicità. Anche se la Parola di Dio ci incoraggia a prendere il cammino della santità mai essa ci inganna. Dio, nel metterci innanzi a questo percorso non omette di parlarci delle fatiche che accompagnano questo percorso. Infatti dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù, vedendosi seguito da una moltitudine di gente che pensava che Lui avrebbe provveduto a pensare a tutti i bisogni, Gesù dice di rinnegare sé stessi e portare la propria croce. La via della santità è sempre la via della felicità, ma può esistere la felicità con il rinnegamento di sé stessi? Magari non è così, magari la via della santità non coincide con la via della felicità perché non può esistere la felicità con il rinnegamento di sé stessi e nel prendere la propria croce. Il don capisce bene che queste parole possano spaventare ma riflettiamoci bene: ogni persona è mosso da ciò che lo rende felice o crede che lo renda tale. E nella sua ricerca ha sempre creduto che la sua felicità consistesse nell'appagare sé stesso, nel liberarsi dalle croci e nel non seguire nessuno godendo di una libertà piena. E queste convinzioni, nonostante i ripetuti fallimenti sperimentati da coloro che hanno percorso queste vie, persistono ancora nell'uomo. Ma dopo aver saputo di tanti ricchi che si sono suicidati, di tanti che hanno fuggito le croci per morire di overdose e di tanti libertini uccisi dai loro stessi vizi. Siamo ancora sicuri che la felicità si trovi in queste cose?

Uno scrittore Nobel, Hermann Hesse (pur non essendo cattolico) nel suo romanzo Siddarta nel 1992 scrive: il denaro non era niente, il potere non era niente, molti avevano sia l'uno che l'altro ma erano infelici. La bellezza non era niente, si vedevano uomini belli e donne belle che erano infelici nonostante la loro bellezza. E anche la salute non aveva un grosso peso: c'erano malati che avevano voglia di vivere e che fiorivano fino a poco prima della fine e c'erano sani che avvizzivano angoscianti per la paura della sofferenza. E conclude affermando che la vera felicità risiede sono nell'amore, felice chi sa amare. Tanto più è disinteressato questo amore tanto più si è felici, imparai - continua lo scrittore - che essere amati è niente, mentre amare è tutto. Felice è chi è capace di amore molto. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa, l'amore è desiderio fattosi saggio, l'amore non vuole avere ma vuole soltanto amare. L'autore sembra voler dire che la felicità non risiede nell'appagare sé stessi ma nel rinnegare sé stessi. L'amore non vuole avere, vuole soltanto amare.

Sant'Agostino diceva: impara ad amarti non amando te. Ossia impara ad amarti rinnegando te stesso. Questo ci porta ad una conclusione che la vera felicità non risiede nell'appagare sé stessi ma nel rinnegare sé stessi. Impariamo ad ascoltare le altre parole del Signore: chi vorrà salvare la propria vita la perderà ma chi la perderà per causa Mia la troverà. Quanto è paradossale questa frase. In realtà la frase dice esattamente quello che abbiamo compreso anche se fingiamo di non comprenderla. Troverà la pienezza di vita chi è disposto a perderla per amore di Dio. San Francesco di Sales: l'amore di Dio che ci porta al disprezzo di noi stessi, ci rende cittadini della Gerusalemme Celeste, l'amore di noi stessi che ci spinge fino al disprezzo di Dio, ci rende schiavi della Babilonia infernale. Queste parole le ascoltiamo pensando al futuro ma questo vale già nel presente. San Carlo Acutis, commentando le parole di San Francesco di Sales diceva: la tristezza è lo sguardo rivolto se stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio. La felicità nel rinnegare sé stessi. Paradossale ma la vita lo conferma.

Ma a noi, questo avere perché abbiamo perduto e questo perdere perché abbiamo conservato ci sembra strano. Ci sembra più familiare il dire: abbiamo perché abbiamo conservato e custodito quello che avevamo senza renderci conto che così ragionando facciamo nostro il pensiero del servo malvagio e fannullone che ha perso tutto perché ha voluto conservare e non dare quello che aveva.

Sempre - diceva Gesù a Maria Valtorta - quando l'uomo si è staccato da Dio e al soprannaturale per dedicarsi al suo io e alle cose naturali, ha diminuito a sé stesso la felicità di possedere anche il naturale. // Ecco perché il Signore a tutti i ricercatori di felicità dice: venite a Me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e Io vi ristorerò -- voi tutti che avete cercato la gioia (perché ogni uomo è mosso dalla ricerca della felicità) ma avete sempre trovato fatica ed oppressione, venite a Me e io vi ristorerò. Il Signore ci assicura che se prenderemo il suo giogo sopra di noi troveremo ristoro per le nostre anime (Matteo 11, 29). Vivere cristianamente significa trovare ristoro di quella pace che opera nel cuore liberandolo da ogni turbamento e timore. Questa pace il mondo non è capace di darla. Il mondo, quello che offre, è sempre incerto per quanto riguarda il bene ed effimero per quanto riguarda la durata. San Gregorio Magno diceva: sono fallaci tutti quei beni che non possono persistere con noi né sollevarci dalle nostre miserie. -- ecco perché tutto quello che il mondo mi offre è da prendere con turbamento perché potrebbe essere un male ed è da prendere con timore perché anche se fosse un bene non durerà a lungo. Ecco perché il Signore, parlando dei beni di questo mondo li definisce non veri e non nostri.

Vangelo secondo Luca - 16 "...11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?...."

Ricchezza non vera, ricchezza non nostra, perché non duratura. Sant'Ambrogio diceva che è sbagliato chiamare nostri quei beni che non possiamo portare con noi nell'eternità. Tutto quello che Dio dona è sempre un vero bene tanto più vero tanto più eterno e mettendomi in quel Bene, esso mi dà la grazia di possedere quella pace che il mondo non è capace di dare. Ma solo Gesù è capace di dare ciò che è veramente vero e solo ciò può colmare il cuore dell'uomo della vera pace. Ecco perché Dio attraverso il profeta Isaia dice di confidare sempre nel Signore, perché Lui è una roccia eterna. Isaia 26,4. Pace che deriva dall'imparare da Dio e quando l'uomo impara da Lui è consapevole di essere nella Verità e nulla può turbare un cuore consapevole di essere nel vero.

LIBRO DEL PROFETA ISAIA - 26

3La sua volontà è salda;
tu le assicurerai la pace,
pace perché in te confida.


San Francesco di Sales ricorda che gli ebrei con la parola Pace intendono la somma di tutti i beni ossia la felicità. Il salmista esclama che una ricca pace abbondi nei cuori di coloro che amano la Legge di Dio e non inciampino in nessun ostacolo. Come se volesse dire: Oh, Signore, quanta soavità nei tuoi santi comandamenti. Ogni dolcezza si impadronisce nel cuore che è conquistato dall'amore della tua legge. Ecco perché il cammino dei Santi, nonostante sia pieno di difficoltà e travagli, è pieno di pace e di soavità. E ogni deliziosa dolcezza si impadronisce del cuore è che conquistato dalla Legge di Dio e che allontana il turbamento. Il Signore dice: Vi lascio la Mia pace, vi do la Mia Pace non come la dà il mondo Io la do a voi, non sia turbato il vostro cuore. --- Quanto è difficile il parlare e farle capire queste cose in una società che vive di esteriorità e che si rifiuta di credere che la gioia derivi da ciò che è dentro e non da ciò che è fuori. San Paolo ci ricorda che il Regno di Dio non è cibo o bevanda ma Spirito di Pace e Gioia e ci assicura che la Pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i nostri cuori e pensieri in Cristo Gesù (Filippesi 4,7). La pace che gode chi non desidera altro che Dio (sant'Alfonso Maria de Liguori) supera ogni diletto che possono dare le creature le quali soddisfano i sensi ma non possono contentare il cuore dell'uomo. Quel cuore dell'uomo che a dire di Sant'Agostino è fatto per Dio e non trova pace fino a quando riposa in Lui. Non ha pace chi percorre quella che Zaccaria chiamava la via della Pace Luca (1,79). Non vi è pace per gli empi che vivono fuori dalla grazia di Dio. Non c'è pace per i malvagi.

Vangelo secondo Luca - 19

"...41Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa 42dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. 43Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; 44distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

Vangelo secondo Giovanni - 16

"...33Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!».

Quanto è incoraggiante il suo invito!

Dice Gesù:

«Non soltanto la morte del peccatore è orribile. Ma anche la sua vita. Non bisogna illudersi sul loro aspetto esterno. È una vernice, una tenda messa a coprire la verità. In verità ti dico che un’ora, soltanto un’ora della pace del giusto – non dico neppure un’ora del gaudio di un prediletto che posa sul mio seno, dico del giusto – è incalcolabilmente più ricca di felicità che non la più lunga vita di peccato. L’apparenza è diversa? Sì, è diversa. Ma come agli occhi del mondo non appare la ricchezza di gioia di un mio santo, così anche agli occhi del mondo non appare il baratro di inquietudine e di scontento che è nel cuore dell’ingiusto e che, come da cratere di vulcano in eruzione, erutta continuamente vapori acri, corrodenti, velenosi, che sempre più intossicano quello sciagurato. Sì, per cercare di soffocare l’inquietudine, colui che non agisce nel bene cerca darsi le soddisfazioni che possono appetire al suo animo traviato. E perciò soddisfazioni di male, perché dal suo fermento non può venire che veleno. (13 luglio 1944) Gesù a Maria Valtorta

CATECHESI DEL DON

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